Secco ‘no’ di Coldiretti all’ingresso di concentrato di pomodoro dall’Olanda. Stretta su tracciabilità e prezzo

Secco ‘no’ di Coldiretti all’ingresso di concentrato di pomodoro dall’Olanda. Stretta su tracciabilità e prezzo

 Secco ‘no’ di Coldiretti all’ingresso di concentrato di pomodoro dall’Olanda, non essendoci carenza di produzione di pomodoro da industria nell’Unione tale da giustificare l’apertura di un contingente a dazio zero. E’ quanto afferma Coldiretti Puglia, in riferimento alla richiesta di concessione dell’Olanda alla Commissione di un contingente tariffario per permettere l’importazione di concentrato di pomodoro in esenzione di dazio, considerato tra l’altro che il prezzo del prodotto di importazione, anche se sottoposto a dazio, è sensibilmente inferiore a quello europeo

Si tratterebbe di un contingente di superiore alle 20.000 tonnellate all’anno di concentrato di pomodoro, la cui richiesta – spiega Coldiretti – è motivata dall’Olanda sostenendo che la produzione Ue non sarebbe sufficiente a soddisfare la domanda. Per acconsentire a tale richiesta, la Commissione Ue deve ravvisare la sussistenza di due condizioni: la merce oggetto della richiesta non è prodotta nell’Unione Europea in quantità sufficiente e, seconda condizione, deve essere destinata ad una ulteriore trasformazione.

Se l’Ue accettasse questa richiesta si verrebbe a creare – denuncia Coldiretti – un precedente molto pericoloso che finirebbe per consentire il ricorso sistematico, non motivato, a tale procedura. La differenza di prezzo, infatti, non può essere ritenuto un motivo valido per derogare ai limiti prestabiliti. Se l’industria europea è in grado di soddisfare il fabbisogno del mercato interno – a prescindere da eventuali maggiorazioni di prezzo – decade automaticamente la possibilità di richiedere un contingente tariffario.

Va sventato l’arrivo di pomodoro all’estero, mentre serve una stretta per riconoscere ai produttori di pomodoro un prezzo – incalza – che in Puglia deve partire dagli elevati costi di produzione, dando giusto seguito alla legge sulle pratiche sleali, quando nel 2022 è andata persa una bottiglia di pomodoro su 5, a causa del clima e dei negativi effetti del conflitto in Ucraina.

Con il rincaro dei costi energetici che si è trasferito a valanga sui costi di produzione, nel 2022 – ricorda Coldiretti Puglia – produrre un ettaro di pomodoro lungo è costato agli agricoltori in media 3.500 euro in più, mentre allo scaffale si paga più la bottiglia che il pomodoro. “E’  vitale che venga riconosciuto il giusto prezzo al prodotto ed il corretto valore dato dall’origine in etichetta, per salvaguardare i produttori ed i consumatori, con il marchio comunitario DOP, che rappresenta un plus in termini di distintività”, afferma Pietro Piccioni, delegato confederale di Coldiretti Foggia.

Fondamentale è inoltre il ruolo dei contratti di filiera che garantiscono un prezzo equo e stabilità al mercato   tenendo conto sempre dell’equità di una remunerazione congrua che non alimenta eventuali speculazioni in momenti di confusione. Si rende necessario, infatti, uscire immediatamente con un prezzo congruo dovuto anche al rispetto dell’eticità del prodotto che sempre più deve avere un ruolo fondamentale nella strategia di marketing del pomodoro di Capitanata.

La Puglia detiene la quasi totalità della produzione del pomodoro all’interno di una filiera del Sud Italia, riferisce Coldiretti Puglia, sulla base dello studio commissionato all’Università di Foggia, con 15.527.500 quintali di pomodoro da industria su una superficie di 17.170 ettari prodotti in Puglia, mentre in Campania 2.490.080 quintali su una superficie di 3.976 ettari.

La provincia di Foggia è leader indiscussa del mercato e rappresenta il maggiore bacino di produzione nazionale – insiste Coldiretti Puglia – con una superficie media annua di 15.000 ettari e con una produzione di pomodoro da industria che si aggira intorno ai 14.250.000 quintali (1,4 milioni di tonnellate).

E’ a tutti nota la posizione di Coldiretti sull’importanza dell’origine del prodotto agricolo alla base dei cibi trasformati che arrivano sulle tavole dei consumatori, per cui numerose sono state le battaglie per arrivare all’etichettatura certa dell’origine dei prodotti agroalimentari.

D.O.P. e I.G.P. sono marchi europei che  identificano – spiega Coldiretti Puglia – prodotti che possiedono caratteristiche peculiari, legate da origini storiche al determinato territorio indicato nella denominazione, e dalla accurata e precisa applicazione di un disciplinare di produzione. Di scelta del Ministero delle Politiche Agricole, l’area delimitata e la nomenclatura, basate su comprovata ricostruzione storica che i consorzi di valorizzazione devono documentare.

Per i prodotti DOP è previsto che tutto il processo produttivo avvenga nell’area delimitata dal disciplinare di produzione, trasformazione e confezionamento inclusi, mentre per le produzioni IGP, di contro, non esistono gli stessi vincoli – conclude Coldiretti Puglia- in particolare nessun obbligo di utilizzare i prodotti agricoli del territorio al quale la IGP si ispira.

E’ però necessario che anche gli altri attori della filiera riconoscano gli sforzi che la parte agricola e l’industria di trasformazione stanno facendo – conclude Coldiretti Puglia – in un periodo economico e sociale che non ha precedenti, con un aumento senza eguali dei costi di produzione, per cercare di dare continuità ad una delle produzioni di maggior successo del made in Italy agrolimentare.