Talassa, il primo disco di inediti di DARIO MUCI, uscito il 14 giugno per l’etichetta discografica Zero Nove Nove (distribuzione fisica Self e digitale Believe), si prepara a risuonare in uno speciale live nella Capitale. Sabato 12 ottobre, infatti, il cantastorie salentino sarà ospite del Festival Sabir – festival diffuso delle culture mediterranee, promosso da ARCI insieme a Caritas Italiana, ACLI e CGIL, con la collaborazione di ASGI e Carta di Roma.
Il Festival Sabir nasce dall’esigenza di dare voce a quel Mediterraneo che non vuole arrendersi alle morti di frontiera e alla criminalizzazione delle persone in movimento e della solidarietà. Quasi una naturale cornice per l’ultimo lavoro di Muci. Il suo ultimo lavoro, Talassa, in otto tracce originali di cui firma testi e musica concentra un unico canto di denuncia e speranza con cui si fa megafono di storie vere, di mare e di terra, d’attualità e storia passata, di Salento e migranti, di lavoro, sfruttamento, dolore e, sempre e comunque, di amore.
Il concerto è in programma presso lo Spazio Culturasì Città dell’Altra Economia di Roma (ore 20.00, ingresso libero) e vedrà ospite Enza Pagliara, cantante, ricercatrice di tradizioni orali, conosciuta in Italia e all’estero come una delle voci più note del canto popolare in Italia.
Con Dario Muci ci saranno Giorgio Distante, che di Talassa interpreta l’aria e con i suoi arrangiamenti per fiati dona sfumature anche da esperto di elettroacustica concreta; Gianluca Longo, che porta la sua esperienza con strumenti a corda antichi e il suo linguaggio world Mediterraneo; Alessandro Lorusso, che colora il concerto di suoi suoni ed effetti dando atmosfere ai brani; Marco Rollo, di cui il live assorbe tutta la versatilità interpretativa, dal pop alla classica; Roberto Chiga, che da tecnico del suono completa l’opera curando suoni e sequenze in insert.
Con Talassa Dario Muci si presenta con una forma di scrittura nuova, lontana dai codici tradizionali: il musicista salentino, dopo venticinque anni di attività e ricerca, scrive, musica e pubblica un album in cui, senza sventolare alcuna bandiera politica, mette a nota, brano per brano, contraddizioni d’oggi.
Otto tracce originali e un linguaggio dalle sonorità chiaramente world, su testi in dialetto salentino (ma anche grico, italiano e arabo) con cui Dario Muci si fa interprete di temi quali la lotta al caporalato o la difesa dell’ambiente, da cantastorie (ancora più che cantautore) come Otello Profazio, Orazio Strano, Matteo Salvatore, Rosa Balistreri, grazie al suo background di musica tradizionale e all’attività di ricerca sui fatti, con indagini sul campo ed esplorazioni, per raccontare di personaggi ma soprattutto di vite vere.
COLLABORAZIONI E FEATURING
Il disco è un meltin’pot di sensibilità e suoni, anche grazie ad una serie di collaborazioni e featuring. Tra queste spicca quella con Raphael Gualazzi che ha arrangiato e interpretato al pianoforte Mohammed (secondo singolo, fuori dal 7 giugno), brano in cui la cronaca diventa musica attraverso i testi di Muci che, come in Sciurnatieri, narrano storie vere di braccianti sfruttati (e, nel caso di Mohammed, deceduti), e con Nabil Salameh che in Ommmuammare traduce in arabo ed interpreta il testo di Muci (ispirato dal libro “Frontiera” di Alessandro Leogrande), una preghiera ad ogni Dio del mare, ma anche un’accusa alla politica in merito alla legislazione sull’immigrazione e ai tanti, troppi, morti sulle coste e tra le onde.
Impreziosisce Talassa, inoltre, la voce arcaica di Enza Pagliara, cantante, ricercatrice di tradizioni orali, conosciuta in Italia e all’estero come una delle voci più note del canto popolare in Italia; poi la presenza di Antonio Petrachi, in arte Treble, tra i fondatori dei Sud Sound System, e del cantante reggae Rocco Nardelli, in arte Rocky G. Vox, che in Sant’Asili, brano ispirato alla lotta contro i gasdotti nel Mediterraneo, cantano loro composizioni.
Due degli otto brani di Talassa sono testi del poeta dialettale salentino Rocco Cataldi (Parabita LE, 1927 – 2004) scelti e musicati da Muci: A li furisi (primo singolo, fuori dal 24 maggio), cartolina degli anni d’oro della campagna salentina, trasformato in una sorta di manifesto politico sull’attuale condizione del lavoro nelle campagne, e Moi ca nc’è lu sule, invito alla bellezza, alla speranza, all’accoglienza, a godere della “luce” quando c’è, per moltiplicarla quando ce ne sarà bisogno.
L’unico testo del disco in italiano è di Giuseppe Semeraro, attore, regista e poeta salentino, che di Talassa, tra l’altro, ha curato la traduzione in italiano dei testi dialettali. Muci musica il suo Ulivi, un canto di speranza che con una dolcezza estrema restituisce una nuova visione di bellezza al Salento colpito dalla Xylella.
Nell’album anche un testo in grico, antica lingua tuttora parlata dagli anziani della Grecìa Salentina, enclave ellenofona del Salento. Talassa è il titolo, scelto, tra l’altro, anche per l’intero disco. Nasce come testo in dialetto salentino scritto da Muci, viene poi tradotto in italiano e successivamente in grico da studiosi di quest’ultimo. Talassa (dal greco Θάλασσα, Thalassa) è il mare: secondo l’autore è il mare che tutti abbiamo dentro, è la nostra interiorità, immensamente grande e, dunque, a volte, ancora da scoprire. Nella visione di Muci, nato e cresciuto a Santa Maria al Bagno, marina di Nardò (Le), da sempre comunità di pescatori, talassa è anche semplicemente l’amore. Ecco allora che firma il suo canto d’amore per il mare ma anche la sua ode alla persona amata: una poesia in cui talassa e amore sono l’amore stesso.
L’album Talassa si stende su un tappeto musicale decisamente “urban”, con contaminazioni classiche, fusion, world, dub. Per fare questo Muci ha scelto di lavorare con musicisti provenienti da ambienti musicali differenti: Roberto Chiga (percussioni), Giovanni Chirico (sax tenore e baritono), Vito de Lorenzi (percussioni), Claudia De Ventura (voce), Giorgio Distante (tuba, tromba), Adolfo La Volpe (oud), Gianluca Longo (mandola e mandolino), Alessandro Lorusso (dub master), Matteo Resta (basso), Marco Rollo (piano), Marco Schiavone (violoncello), Marco Tuma (fiati).
Dario Muci sa da che parte stare e come cogliere gli aspetti più contraddittori del nostro tempo. La sua voce in questo disco osa un passo nello sconosciuto ma è sempre intrisa di storia, di battaglie, di gente senza voce a cui Dario dona la sua. Le tematiche sono sempre le stesse perché le contraddizioni che ci pone il progresso si ripetono senza soluzione; la terra svenduta ai nuovi latifondisti, lo sfruttamento dei nuovi schiavi, il fenomeno migratorio, ma anche l’amore e la gioia di chi nella povertà sa godere di una gioia semplice.
Ascoltando questo disco si ha l’impressione che il percorso artistico portato avanti da Dario in questi anni sia solo stato un lavoro preparatorio a questa nuova avventura. Per tutti questi motivi sento nel suo canto la maturazione di un frutto nuovo, di qualcosa di speciale che sale sul ramo più alto di un albero antico.
Giuseppe Semeraro