Presentazione del libro «Perle barocche» di Marirò Savoia
Si è svolta nella Sala Consiliare «Mario Gorgoni» nel Palazzo Ducale dei Castromediano a Cavallino la presentazione del libro «Perle barocche» di Marirò Savoia (Edizioni Marirosa).
Ad aprire la serata i saluti del Sindaco della Città di Cavallino Avv. Bruno Ciccarese Gorgoni. A dialogato con l’autrice sarà il Professor Giovanni Paladini, scrittore.
È un libro che vuole ricordare ai lettori che la parità tra uomo e donna è ben lontana dalla sua realizzazione.
Tutte le parole, una volta pronunciate, producono un suono o un rumore. Dipende dalle
lettere che contengono. Le vocali sono più dolci e più musicali delle consonanti che a loro
volta possono essere sonore o sorde, dolci, aspre, gutturali, ruvide. La consonante più
dolce sulla scala della sonorità è la “L” seguita dalla “R”. Si chiamano liquide.
Per musicalità seguono le labiali, le consonanti che si pronunciano con le labbra “B, P, F, V,
M”. Le meno musicali, quelle che producono rumore e sono sgradevoli sono le
gutturali, che si pronunciano specialmente con la gola, “C, Q, G” seguite da “a,o,u”. Fateci
caso, tutte le parole grasse, volgari e scurrili iniziano con ca, co cu.
La parola “libro”, invece, ha due vocali e le consonanti “l, r, b” sono le più dolci. Tutte le
belle parole sono dolci e musicali. Si pensi alla parola “amore”, tre vocali e due consonanti
dolci che nelle varie lingue diventa Amor, Amour, Love, persino nella più gutturale delle
lingue, il tedesco, diventa Liebe.
Il Libro non è solo una parola dolce, è un vero amico. Un libro si legge e Leggere è respirare con gli occhi. I libri sono aria, luce, libertà. I libri hanno le ali e il lettore vola con loro. I libri sono fari e figli: finestre sul mondo e prolungamento della vita.
Umberto Eco asserisce che “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria! Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è una immortalità all’indietro.”
Un libro è fatto di parole. La parola “parola” non solo è composta da lettere dolci, la Parola
è Vita, è Verbo, è Dio. Le parole buone sono musica, sono pane. Musica da ascoltare da
gustare, pane da mangiare, spezzare e far mangiare.
PERLE BAROCCHE. “Perle” è una parola che inizia con una labiale, la “p”, e continua
con due liquide “l ed r”.
Anche “mamma” inizia con una labiale la “m”, che si ripete altre due volte.
C’è creatura più dolce di una mamma? E mamme sono le Perle Barocche di Marirò.
C’è qualcosa di più prezioso, di più naturale di una Perla? Sono perle barocche o
scaramazze perché non classiche o regolari; non sono “perle scaramazze” nel significato di
“cosa malfatta”, usato anticamente soprattutto nell’Italia settentrionale, non sono
“perle scaramazze o barocche” nel significato di perle coltivate, né sono “barocche” nel
significato di “pomposo” o “appariscente”.
Le nove donne di Marirò Savoia sono perle barocche perché leccesi, sono naturali,
autentiche, uniche. Sono nove donne salentine, ognuna diversa da tutte le altre, eppure ognuna uguale a tutte le altre nella lotta per la vera parità con l’uomo, per la
libertà, il rispetto e la dignità.
La prima delle nove donne è Marianna. È una professoressa felicemente sposata.
È triste per la dipartita della sua cara madre, morta dopo cinque lunghi mesi di sofferenza
in ospedale. Marianna vive il suo dolore anche con un senso di colpa per le incomprensioni
che c’erano state con lei. È uno spaccato sul ventennio fascista, sulla guerra e sul
dopoguerra, sul modo di pensare e di vivere di quel periodo; è un confronto generazionale:
allora c’era prima il dovere e poi il piacere e lei si sente il frutto del dovere e non
dell’amore.
C’è la riflessione sulla vita e sulla relazione madre figlia. Destinata agli studi, la
mamma, Mimì, è costretta ad abbandonarli, ma siccome è completamente inadatta
per i lavori nei campi viene mandata presso una maestra di ricamo. Ed è il ricamo il
trait d’union tra lei e la madre che sente in lei, ora che non c’è più. Marianna
abbandona il contatto con i libri, con le carte e trae fuori dai cassetti le vecchie trine
da aggiungere e legare, con altri ricami fatti da lei, ad un lenzuolo da regalare alla figlia
Benedetta per le sue nozze. E finito il lenzuolo Marianna trova la serenità e la pace nel cuore nel rapporto con la madre che si ricompone in un amore perfetto ed eterno.
La seconda perla barocca è Bimbabella. Già dalla nascita era tanto bella che anziché
chiamarla col suo nome, Benedetta, tutti la chiamavano Bimbabella. A 18 anni è una
splendida ragazza, diplomata sia all’Istituto d’Arte che al Conservatorio. S’innamora di
Paolo, un brillante professore di Linguistica dell’Università del Salento e si sposano. In
cinque anni di matrimonio hanno due figli. Tutto scorre nella serenità e nella felicità
quando, facendo la doccia, Bimbabella s’accorge di avere una pallina al seno. Analisi e
inizio del dramma.
Sono rimasto molto colpito del paragone tra la malata di cancro e l’ulivo malato di xilella.
Entrambi perdono la chioma, la donna a causa della chemio. All’improvviso è cambiato
tutto. Il buio ha preso il posto della luce, la felicità ha lasciato il posto all’incertezza e alla
paura della morte. Passa dalla spensieratezza alla pensosità, alla riflessione, alla saggezza.
Comprende che non occorre essere forti per affrontare il male, bensì occorre abituarsi alla
realtà chiedendo con umiltà aiuto. Ed è quello che fa. Ne esce grazie alle cure dei medici e
all’amore dei suoi cari, soprattutto il marito Paolo. In un primo momento pensa a un
intervento estetico perché non si veda la cicatrice ma poi ricorre a un tattoo, un tatuaggio
che consiste in un fiore di loto che per la cultura orientale è simbolo di fatica, ma anche di
rinascita.
La terza perla barocca è Gabriella, una donna matura che gli amici considerano “saggia”.
Gabriella ospita, nella sua villa con pineta, Gioele, un giovane omosessuale. S’intrattiene
con lui raccontandogli la storia della sua amicizia con Sara. Lei crede molto in questa
amicizia che si rivela poi deludente perché Sara, che si presenta come donna perfetta che
tutto governa, in realtà è affetta da libido dominandi e non sa governare su sé stessa. Tutti
i suoi rapporti con gli altri, marito e figlia compresi, sono condizionati da questa armatura che si è appiccicata addosso e che non le permette di essere libera, spontanea, non le
permette di vivere bene e di volare.
In questo capitolo (pag. 51) Gabriella parla della donna ideale.
“Sono sempre stata affascinata dalla donna, ne ho ammirato la figura armoniosa, la forza
equilibrata da una certa debolezza, l’intelligenza ammorbidita dal sentimento, la determinazione mitigata dal senso del contingente, la fantasia unita alla concretezza. Questa è per me la donna, e tanto altro, perché tra tutte le creature è quella che meno si può definire, e se si fa, nulla è per sempre, niente è statico in lei, tutto è possibile. La donna è un’avventura, anche per sé stessa.”
Bello quanto Gioele dice a Gabriella: “È la nostra voglia di assoluto che ci fa pensare il per
sempre, ci rasserena, ci tranquillizza. La realtà è un’altra: la terra trema, la vita si spegne, gli amori finiscono e noi facciamo finta che tutto sia per sempre, ci comportiamo come se fossimo eterni ed eterne le cose che facciamo. Dovremmo essere più umili e accettare l’adesso”.
E Gabriella, la saggia, replica: “Bravo! Hai compreso quel che voglio dire. Questa verità è valida per ogni aspetto della vita umana, anche nell’amicizia, nulla è scontato, perciò sforziamoci di curare ogni cosa che facciamo”.
La quarta perla è Angela, una giovane e brillante avvocatessa leccese che va a Roma presso un noto studio di avvocati famosi, alla ricerca di fama e successo. Mette il massimo
impegno nelle cause che le assegnano, ma non arriva mai all’assegnazione di quelle più
importanti, perché per salire sui gradini più alti non basta la bravura e l’impegno. Occorre,
purtroppo, scendere a compromessi. Scopre che non è vero che “la giustizia è il vangelo che regola la vita degli uomini: che dietro ogni vicenda umana, dalla più piccola alla più grande, c’è un percorso, uno solo, quello giusto, e se non si percorre si sbaglia e la legge serve a ristabilire equilibrio”.
Dovrebbe essere così ma così non è. E allora Angela abbandona Roma e i sogni di gloria e
torna a Lecce. Obbedendo al credo di suo fratello Elio, quello che “ognuno deve ritenersi
risorsa del suo paese e deve contribuire alla sua crescita” supera un master di consulenza
legale per l’assistenza agli immigrati e presta la sua opera presso una Associazione locale
che divulga la filosofia dell’accoglienza ben radicata presso la comunità salentina.
Francesca è la quinta perla barocca. Sposata con Pietro, parla da sola perché è sola. I figli
lontani si limitano alla telefonata. Il marito “ha sostituito i figli con i libri a cui dedica tutta la sua attenzione”. Lei è immersa nella malinconia e nella nostalgia della nonna, della quale
porta al dito il suo anello in oro rosa. Anello che, come il ricamo della perla Marianna, è il
trait d’union con un mondo che non c’è più e che fortemente l’attrae. Restaura la casa
della nonna ed è là che vuole trascorrere gli ultimi anni della sua vita.
Prendendo tra le sue le mani quelle di Pietro, fa un ultimo tentativo con lui, diventato
ormai un estraneo per lei, preso com’è, soltanto dai suoi libri. Gli dice che lo ha amato e
che ancora gli vuole bene, ma che ormai per lei è diventata un’urgenza riallacciare il
legame col suo passato e che vuole farlo andando a vivere nella casa dei suoi genitori,
anche con lui, se vuole. Pietro sfila le sue mani minacciandola che se lo fa è finita. E così
dicendo sancisce la fine della loro storia.
Le altre “Perle” sono Giulia, Anita, Margherita e Maria. Leggendo il bel libro di Marirò sono rimasto affascinato dal pensiero e dalle azioni delle sue protagoniste, ma quelle che mi hanno maggiormente impressionato sono Giulia e Maria. Non parlerò di loro ma leggerò
alcune frasi bellissime contenute nei capitoli che le riguardano.
““L’amore è generosità senza spiegazioni, senza obbligo, senza pretese. Avviene e basta.”
“Mi lascia attonito la forza della vita che vince su tutto: il dolore, la vecchiaia, i sensi di colpa, il pudore, l’assennatezza non sanno frenare questa gioia che dilaga nel mio corpo, che mi dona la leggerezza di quando, ragazzo, nella casina di mia nonna, fantasticavo di un amore travolgente e dialogavo con una fanciulla dal volto indefinito e complice delle mie avventure.”
“Provare la solitudine sentimentale è già morire, avere la fortuna di poter interagire emotivamente con un altro, che prova verso te la stessa tensione affettiva, è la vita.”
Così si conclude il capitolo della perla Maria. Parla della vita:
“C’è chi pensa che la vita sia troppo breve per perdere tempo e chi pensa che è nel tempo lento che si gusta la vita. C’è chi non è mai sazio di ciò che possiede e chi è felice con il suo poco. C’è chi vuole di più dalla propria vita e prende quella altrui e chi dispensa agli altri la propria. C’è chi lotta per i propri diritti e chi sente il dovere di battersi per i diritti di tutti. C’è chi spiega agli altri la verità e chi la scopre sulla propria pelle. C’è chi fa della sua sapienza un vanto e chi adopera con umiltà la sua saggezza.
L’umanità è multicolore, contiene il nero e il grigio che fanno da contrappeso al bianco e al rosso.
Sta negli occhi di ciascuno vederla bella o brutta, sta nel cuore di ciascuno amarla o detestarla.”
Perle Barocche è un libro che istruisce e interroga insieme. È una finestra sull’Altra metà
del cielo, sull’Eterno Femminino, un affaccio sulla cultura salentina, sulla sua lingua e i suoi
costumi, sulle bellezze del Salento. L’Eterno Femminino è un concetto introdotto da
Goethe nel finale del Faust (1832), quando il protagonista, l’alchimista, dannato nel Doctor
Faustus di Marlowe (1587), viene salvato per l’intercessione di Margherita e della Vergine
Maria. Il potere salvifico della donna è esercitato anche da Beatrice nella
Divina Commedia.
La scrittura di Marirò Savoia è piana, fluida, elegante; nelle epistole di Giulia e Diego poi
diventa delicata, soave, sognante, sublime, vera poesia. È un libro adatto a tutti, ma è
auspicabile che lo leggano soprattutto gli uomini. Sono certo che moltiplicherebbero i loro
sforzi per rinunciare a tanti privilegi e per rispettare di più le donne e i loro diritti.
Ennio Flaviano crede che i libri sognino. “Un libro sogna. Il libro è l’unico oggetto inanimato
che possa avere sogni.” Che bello! Se è vero che i libri sognano, Perle Barocche sogna un
mondo dove si superi la divisione tra maschi e femmine, tra capi e sottomessi, tra padroni
e servi, tra privilegiati e bistrattati, tra civiltà patriarcale e civiltà matriarcale, sogna un
mondo in cui tutti, uomini e donne, contribuiscano alla creazione di un mondo più umano.
Le Perle barocche, tutte e nove, incarnano i valori peculiari delle donne: la maternità, la
tenacia, il silenzio, l’ascolto, la sofferenza, la tenerezza, la saggezza, la pazienza, la solidarietà, l’amicizia, l’amore. Le Perle Barocche di Marirò sono donne che danno la vita,
sono donne che profumano di vita, sono donne innamorate della vita.