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Otranto, concerto diretto da monsignor Frisina domani sera in Cattedrale a vent’anni dalla morte di Antonietta De Vitis, la mistica di Nociglia

“Come perla nascosta”: in occasione del ventesimo anniversario della morte di Antonietta De Vitis, la mistica di Nociglia scomparsa nel 2004, l’associazione onlus che porta il suo nome, con la collaborazione di Don Daniele Albanese,  organizza per domani alle 19.30  presso la Basilica Cattedrale di Otranto un concerto meditazione per soli, coro e orchestra sinfonica ispirato alla straordinaria esistenza di Antonietta. Vissuta nascosta al mondo, in preghiera costante, offrendo a Dio le sofferenze per la malattia che la costrinse a letto per anni.

Presiederà l’appuntamento, che si intitola appunto “Come perla nascosta”, e che si avvale del patrocinio della Città di Otranto, l’Arcivescovo di Otranto Francesco Neri; dirigerà il concerto il Maestro monsignor Marco Frisina, rettore della Basilica di Santa Cecilia in Trastevere e presidente della Commissione diocesana per l’arte sacra e i beni culturali.  Ingresso libero.

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Antonietta De Vitis era nata il 23 agosto 1936 a Nociglia, dove ha vissuto fino al 2004 in totale nascondimento.  Come attestato anche da uomini di Chiesa e medici, la “Mistica di Nociglia” si è nutrita di sola Comunione, senza ingerire neppure un goccio d’acqua, per 53 anni. La sua storia, già da tempo al vaglio delle autorità diocesane, è raccontata in due libri usciti di recente: il primo – “Fatta di terra, rivestita di Cielo”, pubblicato da Congedo Editore – scritto da Roberto Bigini, ateo che ha ritrovato la fede grazie ad Antonietta. E realizzato utilizzando 72 quaderni superstiti e inediti che l’autore, grazie all’associazione “Antonietta De Vitis Onlus” –  “e in particolare al suo Presidente, l’avvocato Girolamo Vergine, ha avuto il privilegio di consultare”. Risultato, un grande affresco, “una sorta di panorama esistenziale “totale” in cui i grandi avvenimenti dell’attualità terrena (la morte di Aldo Moro e la sua esatta dinamica, la Chiesa e la censura di certe sue riforme, o il reprensibile comportamento di monsignor Lefebvre, o ancora la questione veggenti e la predilezione del Signore per i “ragazzi della Jugoslavia”) si trovano fianco a fianco ad avvenimenti dell’attualità, per così dire, ultraterrena e “sovrasensibile”, di valore propriamente teologico (dalla descrizione di certi particolari della Passione del Signore allo “scoop” dell’inaspettata salvezza di Giuda Iscariota, a molto altro ancora) oltre, naturalmente, alla diretta e personalissima esperienza di anima-vittima di Antonietta”.

Il secondo volume, scritto da Vincenzo Comodo – docente di Sociologia presso il Pontificio Istituto di Teologia della Vita Consacrata “Claretianum” della Pontificia Università Lateranense di Roma – è stato pubblicato lo scorso 29 settembre (festa degli Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele) per le Edizioni Camelia, e si intitola “Sotto lo stendardo di San Michele. Santi e beati protetti dal Principe degli Angeli”, con prefazione del cardinale Angelo Comastri. Tra le tante figure di santi e beati che hanno avuto un rapporto privilegiato con San Michele, spicca infatti anche lei, Antonietta De Vitis: “…. come Luisa Piccarreta e Marthe Robin, anche lei, a un certo punto della sua esistenza (dal 1950), non mangiò e non bevve più nulla. Era tenuta in vita unicamente dall’Eucaristia. Per arrivare a questo stadio di santità – perché di tale condizione si tratta – compì un percorso di avvicinamento a Dio che sbocciò all’età di quattordici anni, quando si offri vittima al Signore per il bene della Chiesa, del Papa, dei sacerdoti e di tutte le persone consacrate”, racconta Comodo.

Così cominciò il suo calvario: “Accettò, con gioia, tutta una serie di sofferenze e malattie. Tra cui, tubercolosi, emorragie, cecità e altre ancora. E Gesù volle ricompensarla per questa sua offerta sacrificale, facendole dono delle stimmate, che da invisibili diventarono visibili. Questo nel 1972. Logicamente, le concesse di partecipare alla sua Passione. Il tutto nella più totale discrezione. Scandendo le sue giornate con la preghiera.  Stando lontana da ogni ribalta. Infatti, vedeva soltanto quegli amici che erano ammessi nella sua stanza. Come, ad esempio, le sue guide spirituali”. Non a caso il 9 aprile 1970 Antonietta diventò terziaria francescana: “Ebbe altresì numerosissime visioni, di cui parlò abbondantemente nei suoi manoscritti “Diari e meditazioni”. Vedeva spesso Gesù, Maria (che chiamava Mammina). Poi, San Giovanni Battista, San Francesco d’Assisi (che chiamava Checco), Sant’Antonio di Padova, Santa Veronica Giuliani, San Giovanni Maria Vianney, San Pio da Pietrelcina, Santa Clelia Barbieri, Maria Valtorta. Ma anche il suo Angelo custode. Gli Arcangeli Gabriele, Raffaele e Michele”.

Con il Principe delle Milizie Celesti Antonietta aveva un rapporto molto stretto: “Lo invocava ogni volta che subiva le vessazioni e le percosse di Satana”, conclude Comodo. Infatti soleva ripetere: “Preghiamo San Michele Arcangelo, invochiamo la Spirito Santo e questo ci salverà dagli ostacoli e dal maligno, dalla sua bava maledetta che versa su tutte le anime che son deboli”. Dunque, per riuscire in questo intento, dobbiamo affidarci pure al Principe degli Angeli. Come lei ha fatto durante tutta la sua vita trascorsa a Nociglia, nel cui cimitero è sepolta”.

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