MEDEA, DESÍR
Il mito non è semplicemente una storia, semmai è un infinito intreccio di storie. Per questo il mito è poesia. Questa molteplicità di storie rende il mito qualche cosa di vivo, da scoprire, da interrogare, da svelare e rivelare. Medea è una storia che si moltiplica nei secoli. Christa Wolf, Ovidio, Apollonio Rodio, Euripide, Jean Anouilh, Franz Grillparzer, Corrado Alvaro, Corneille, Seneca, Quinto Ennio assieme a molti altri scrittori, musicisti, pittori hanno alimentato questo mito molteplice di una donna straniera. La scrittura teatrale di Fabio Tolledi si muove su alcuni piani: Medea è donna, straniera e selvaggia, creatura altra che resiste e ama. Ama aldilà di ogni valore, aldilà di ogni morale. Resiste e sfugge al potere, regina adolescente a cui tutto si può chiedere, depositaria di un sapere profondo e antico. La radice del suo nome, med, richiama la parola medicina. Il pharmakon che cura e avvelena. Che può salvare e uccidere. Radice del venenum, di qualcosa che trasforma e muta. Medea, scacciata e bandita dal potere, stigma della donna selvaggia, rivendica il solo orizzonte che incrina e mette in crisi il potere: il desiderio. Medea ama, Medea ama l’amore, Medea vive nel desiderio che prende e dona forma alla vita.
IL MESSAGGIO
«Vi invito a stare insieme, tutti noi, mano nella mano, spalla a spalla, per gridare a squarciagola, come siamo abituati a fare sui palcoscenici dei nostri teatri, per far uscire le nostre parole, per risvegliare la coscienza del mondo, per cercare dentro di noi l’essenza perduta dell’umanità», scrive l’attrice nel Messaggio. «L’essere umano libero, tollerante, amorevole, comprensivo, gentile ed accogliente, che rigetta questa vile immagine di brutalità, razzismo, di conflitti sanguinosi, di un pensiero unilaterale ed estremista. Gli esseri umani hanno camminato su questa terra e sotto questo cielo per migliaia di anni e continueranno a camminare. Pertanto togliete i piedi dal fango delle guerre e dei conflitti sanguinosi e lasciate questi ultimi all’entrata del palcoscenico. Forse allora la nostra umanità, che si è offuscata nel dubbio, diventerà di nuovo una certezza che ci renderà tutti orgogliosi di essere umani e di essere fratelli e sorelle nell’umanità», prosegue. «È la nostra missione, di noi drammaturghi, portatori della fiaccola della luce, sin dalla prima apparizione del primo attore sul primo palcoscenico, di essere in prima linea nell’affrontare tutto ciò che è brutto, sanguinario e disumano, mettendolo a confronto con tutto ciò che è bello, puro e umano. Noi, e nessun altro, abbiamo la capacità di diffondere la vita. Diffondiamola insieme per il bene di un unico mondo e di un’unica umanità».
L’INTERNATIONAL THEATRE INSTITUTE – UNESCO
LA GIORNATA NAZIONALE DI TEATRO IN CARCERE
Da dieci anni in Italia, il 27 marzo, si celebra anche la Giornata Nazionale di Teatro in Carcere promossa dal Teatro Aenigma all’Università di Urbino, socio membro dell’ITI Italia, e dal Coordinamento Nazionale del Teatro in Carcere, costituito da cinquanta esperienze teatrali diffuse su tutto il territorio italiano, con il sostegno del Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità. Il cartellone delle iniziative, in progress fino al 30 aprile 2023 (tutte le informazioni sul sito www.teatrocarcere.it), comprenderà decine di eventi in tutte le regioni italiane. Un lavoro, quello del Coordinamento nazionale delle esperienze, considerato “buona pratica” dall’ITI che ha ospitato nel suo recente 36° Congresso mondiale a febbraio scorso una significativa lecture sul Teatro in Carcere in Italia e nel Mondo a cura di Vito Minoia, docente in discipline dell’educazione e dello spettacolo a Urbino e Coordinatore del nuovo International Network Theatre in Prison (INTiP – ITI Unesco Partner).