Il destino dell’Europa? È già scritto nel XVI secolo

Il destino dell’Europa? È già scritto nel XVI secolo

Il destino dell’Europa? È già scritto nel XVI secolo

Quando il presente spaventa, la storia può diventare – se non proprio conforto -chiave di lettura. Prima di celebrare il funerale dell’Europa, stretta tra rivoluzioni tecnologiche e mutamenti geopolitici repentini, conviene allora rileggere il secolo che più gli somiglia, il 500.
Giulio Tremonti, presidente della Commissione esteri della Camera e protagonista degli ultimi 30 anni sulla scena e nelle istituzioni internazionali (indimenticata la sua battaglia d’inizio Millennio per il fair trade mondiale, allora persa), legge in questi anni ’20 la «intensa mutatio rerum in qualche modo drammatica» che segnò il punto di rimbalzo dell’uscita del Medioevo. «Allora furono scoperte l’America e subito dopo la stampa. La prima rompe la centralità d’Europa, la seconda segna una rottura dogmatica che non fu una rottura religiosa, ma la scelta di varare religioni business friendly visto che per esempio il cattolicesimo vietava l’usura».
E come allora dai tipi di Guten berg arrivò l’onda lunga dl Cartesio del cogito ergo sum, oggi l’ex ministro vede la transizione al digito ergo sum. «La AI è paragonabile all’invenzione della stampa, la Ue è parte di questo processo» e deve solo scegliere come governarlo e se e come cavalcarlo.
Intervistato dal direttore di Repubblica, Maurizio Molinari, nel sold out di Palazzo della Provincia, Tremonti non si è sottratto alle domande di stretta e politicamente sensibile attualità. Tra Parigi e Berlino, oggi Roma dovrebbe scegliere di prestare orecchio piuttosto a Varsavia, perché nel discorso del primo ministro Morawiecki all’Università di Heidelberg le parole Europe great again segnano il punto di equilibrio tra nazioni e Unione, la «architettura superiore dell’Ue ma con rispetto delle tradizioni locali. Si può avere sia Europa sia nazioni». Anche perché nello stesso «Manifesto di Ventotene, ispiratamente comunista, Europa vuol dire una politica estera e un esercito comuni. Non è facile andare in quella direzione ma si dovrà andare lì». Evitando, sia chiaro, le incertezze e gli errori del recente passato come fu, per esempio, dire “no” 20 anni fa alla proposta (tremontiana, ndr) di eurobond, «bocciata dall’ortodossia finanziaria e bocciata dalla Gran Bretagna perché era la strada verso la difesa comune e l’esercito europeo».                                Nelle more la spesa pubblica è stata finanziata con i soldi della Bce «il cui bilancio oggi ha in sé oltre il 30% di debito pubblico» e «il vecchio governatore e il nuovo presidente
dell’istituto applauditi in platea dai leader europei» sono «il segno che la politica si è spostata». L’auspicio invece è che torni presto a guidare lo sviluppo, a cominciare da quello più drammatico – e rischio di vero declino – l’inverno demografico.