GIORNATE FAI DI PRIMAVERA, APRONO AL PUBBLICO LE CHIESE MINORI

GIORNATE FAI DI PRIMAVERA, APRONO AL PUBBLICO LE CHIESE MINORI

La cappella di San Lorenzo e il cortile De’ Pandi-Zuccaro, la chiesa di San Trifone, la chiesa di San Giovanni Battista e la sacrestia della chiesa di San Domenico aprono al pubblico sabato 22 e domenica 23 marzo in occasione delle Giornate Fai di Primavera, il più importante evento dedicato al patrimonio culturale e paesaggistico italiano, giunto ormai alla 33esima edizione.
750 luoghi insoliti e normalmente inaccessibili oppure poco conosciuti e valorizzati, distribuiti in 400 città in tutta Italia, infatti, saranno visitabili nel prossimo weekend e tra questi ci sono appunto quattro autentici “scrigni” della città, di fatto sconosciuti per un gran numero di persone.
La cappella di San Lorenzo e il cortile De’ Pandi-Zuccaro si trovano a ridosso della chiesa di San Giuseppe e fanno parte di un palazzo tra i più antichi della città (sicuramente esistente fin dal XV sec.), appartenente alla nobile famiglia napoletana De’ Pandi, che intorno al XIII sec. si trasferì da Scala (Salerno) prima a Brindisi e poi a Nardò. Con il matrimonio in seconde nozze della nobile Francesca Giulio, vedova De’ Pandi, la proprietà passò a Luigi Zuccaro e agli eredi. Ancora oggi il palazzo e la chiesa sono di proprietà della famiglia Zuccaro. Nel 1942 la famiglia ospitò a pranzo il figlio dell’allora Re d’Italia, il principe Umberto II di Savoia, che si era fermato a Nardò durante una visita nel Salento. Dall’atrio del cortile d’ingresso si accede (dove un tempo c’era la selleria) ad un piccolo museo storico che gli attuali proprietari hanno allestito per custodire gli antichi finimenti dei cavalli e delle carrozze di proprietà della famiglia De’ Pandi. Gli ambienti interni, lussuosamente decorati con carte da parati e pitture parietali ottocentesche e un raffinato mobilio, conservano intatti i segni del luminoso passato. La cappella di San Lorenzo, ad aula unica, conserva l’altare originale con il quadro del Santo. Sulla facciata spicca lo stemma della famiglia Carignano, che ne possedeva il patronato e che forse anticamente era proprietaria del palazzo, prima dell’avvento dei nobili De’ Pandi.
La chiesa di San Trifone è in piazza Salandra ed è chiusa da anni per restauro. San Trifone è un santo greco di tradizione orientale, cui sono attribuiti diversi miracoli. La chiesa fu realizzata tra il 1720 e il 1723 dal vescovo Antonio Sanfelice ed è composta da un’unica aula non molto ampia, con tre campate definite da altrettanti archi a tutto sesto per ciascun lato, e coperta con capriate in legno (fino al 1959 c’era anche un controsoffitto in legno con al centro una tela raffigurante S. Gregorio, opera dell’architetto Ferdinando Sanfelice). L’altare è unico ed è collocato contro il muro di fondo, in pietra e stucco di gusto tardo barocco, con pala raffigurante S. Trifone costituita da un dipinto settecentesco, opera di Nicola Russo. L’elegante facciata è suddivisa in due ordini, oltre al frontone, scanditi da quattro lesene con capitelli, due per lato, in mezzo alle quali vi è una nicchia, mentre un cornicione caricato al di sotto di un festone di fiori suddivide il piano inferiore da quello superiore. Al centro vi è l’unico portale, cui si accede attraverso una scalinata, sormontato da un finestrone. La parte inferiore della facciata è quella realizzata dal vescovo Sanfelice, mentre la parte superiore è stata ricostruita dopo il terremoto del 1743.
La chiesa di San Giovanni Battista si trova sulla omonima via. Esiste da tempi remoti, censita già nella visita pastorale del vescovo De Pennis nel 1452. Nel 1623 la chiesa fu ricostruita e sull’altare maggiore c’era la statua in pietra leccese di San Giovanni, collocata oggi nel cortile. Nel 1678 la chiesa era in piena decadenza e probabilmente crollò negli anni successivi. Nel 1739 la famiglia De Pandis concesse un locale attiguo al proprio palazzo e confinante con il monastero di Santa Chiara, sempre su via San Giovanni. Un ambiente a due campate, di epoca cinquecentesca, con un cortile che lo separava dalla strada, che la confraternita di San Giovanni ampliò, aggiungendo l’attuale area presbiteriale e la piccola sacrestia e chiudendo il cortile con un portale lavorato. Un intervento di restauro fu effettuato nel 1841 grazie ad offerte della famiglia Dell’Abate, come attesta l’epigrafe apposta sul portale esterno. Nel 1894 sulla sacrestia fu ricostruito un piccolo campanile a vela ancora esistente. La chiesa è stata per lunghi anni chiusa dopo la scomparsa della confraternita. Oggi, grazie all’ingresso di nuovi confratelli, è talvolta riaperta al culto. L’interno conserva una bellissima tela e una statua lignea del Santo e due tele di rara fattura, una raffigurante Santa Filomena e l’altra San Carlo Borromeo.
La chiesa di San Domenico è una parte di un complesso domenicano probabilmente edificato agli inizi del Trecento in pieno stile gotico, poi ristrutturato in epoca tardo cinquecentesca, per poi essere nuovamente ricostruito a metà del XVIII secolo dopo il terremoto del 1743. Comprende appunto la chiesa, la sacrestia, un imponente campanile e l’adiacente convento (oggi sede del Liceo Artistico). La chiesa fu costruita (insieme al convento) intorno agli inizi del ‘300 ed era originariamente intitolata a Santa Maria de Raccomandatis. Tra il 1580 ed il 1594, in piena Controriforma e seguendo i dettami del Concilio di Trento, fu totalmente ricostruita grazie all’intervento dell’architetto neritino Giovan Maria Tarantino, che ne trasformò sostanzialmente l’involucro esterno (facciata e prospetto laterale) in uno dei primi esempi di barocco leccese. In seguito al terremoto del 1743 la fabbrica fu quasi totalmente distrutta, ad eccezione della facciata, del muro laterale e di parte della sacrestia. La facciata è suddivisa in due registri differenti: la parte inferiore è ricca di figure umane e cariatidi addossate le une alle altre, mentre la parte superiore presenta forme più schematiche. L’interno, ad un’unica navata con pianta a croce latina e tre cappelle per parte, fu ricostruito dopo il 1743. La sacrestia della chiesa è solitamente chiusa al pubblico.
I quattro luoghi saranno visitabili nel corso delle due giornate, dalle ore 9:30 alle 12:30 e dalle ore 15:30 alle 19. Le visite saranno curate dagli studenti “apprendisti Ciceroni” del Liceo “Galilei” di Nardò. Si tratta di un evento organizzato dalla Delegazione Fai Salento Jonico, con il patrocinio del Comune di Nardò e il coordinamento generale di Giancarlo De Pascalis.
“Le Giornate Fai – dice l’assessora alla Cultura e Istruzione Giulia Puglia – sono un esempio bellissimo di “militanza” civile a tutela del nostro patrimonio culturale. Nardò, nel suo piccolo, ogni anno fa uno sforzo per restituire a tutti un pezzetto di quella bellezza solitamente nascosta, invisibile e inaccessibile che merita di essere scoperta e goduta al pari di tutto il resto. Onoriamo in questo modo il patrimonio della nostra città, tra i più belli, e l’impegno ultratrentennale del Fondo per l’Ambiente Italiano. Anche quest’anno sarà una festa e anche quest’anno accoglieremo visitatori provenienti da tutto il Salento”.
Nardò e il Fondo per l’Ambiente Italiano hanno un rapporto antico e solido. Nel 1997 la riapertura della chiesa dell’Incoronata, organizzata dall’associazione “Nardò Nostra” e da Giancarlo De Pascalis, “celebrò” le prime Giornate Fai nel Salento, nel 2003 fu la volta del Teatro comunale, nel 2008 del giardino del convento di Santa Chiara, nel 2010 della chiesa di Sant’Antonio di Padova, nel 2017 del Palazzo dell’Episcopio, nel 2018 del Castello e della chiesa di Santa Teresa d’Avila, nel 2019 della chiesa di San Domenico e del monastero dei domenicani e della chiesa della Rosa, nel 2023 di nuovo della chiesa dell’Incoronata e dell’annesso convento degli Agostiniani Scalzi e del Campo dei Giganti a Boncore, nel 2024 infine della chiesa della Beata Vergine Maria Vergine Immacolata della masseria Brusca e della Chiesa delle Anime Sante del Purgatorio. Nel 2018 il Comune di Nardò (primo Comune in provincia di Lecce) ha aderito al Fai in qualità di socio sostenitore. Oggi Nardò, insieme ad altri 21 comuni, fa parte della neonata Delegazione Fai Salento Jonico, una evoluzione dell’omonimo gruppo già in piedi da anni.

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