Martedì 11 febbraio (ore 18:30 | ingresso 6,50 euro online – 5,50 euro al botteghino | info 0832390557 – 3911704937 – 3394313397) al Db D’Essai di Lecce, l’associazione Diffondiamo idee di valore, per la rassegna “Nel frattempo“, che anticipa il festival Conversazioni sul futuro (16/19 ottobre), ospita la proiezione di “Lirica ucraina” di Francesca Mannocchi. Il documentario, con musiche originali di Iosonouncane e montaggio di Daniela Mustica, è prodotto da Fandango in collaborazione con LA7 con il contributo del Ministero della Cultura – Direzione generale cinema e audiovisivo. Dopo la visione, la giornalista e documentarista romana, una delle migliori corrispondenti di guerra in Europa, dialogherà con Gabriella Morelli, presidente di Diffondiamo idee di valore e direttrice artistica del festival Conversazioni sul futuro.
LIRICA UCRAINA
Il documentario parte dalle strade di Bucha, la città martire dell’Ucraina in cui la reporter è entrata nella primavera 2022, solo tre settimane dopo la liberazione dalle truppe occupanti russe. L’autrice, con la sua straordinaria capacità di vivere tra la popolazione locale e di conquistarne la fiducia, vuole raccogliere e raccontare le piccole storie dei sopravvissuti, gli unici a conservare la Memoria. Raccontare una guerra significa ascoltare chi sopravvive, perché sulla loro pelle, più che sui cadaveri estratti dalle macerie, è impressa la Verità. Lirica Ucraina è un’immersione nelle sofferenze e nelle verità indicibili, nel sapore acido della vendetta e nella fatica del perdono che le persone vivono durante un conflitto. Quelle stesse persone che in tempo di guerra si trasformano in un esseri terrificanti e oscuri, che ci invitano a metterci in discussione. Francesca Mannocchi è una voce che accompagna lo spettatore all’incontro con le vite “minuscole” che fanno il coro della Storia.
LA GEOGRAFIA DEL DOCUMENTARIO
Prima dell’inizio dell’invasione russa, la regista era in Ucraina: il 24 febbraio 2022 si trovava a Kramatorsk, nel Donbas ucraino. Lì è stata svegliata dal suono delle bombe. Da quella mattina ha seguito le evoluzioni dell’invasione e del conflitto per mesi, da Kyiv al Donbas, da Kharkiv a Mykolaiv, percorrendo ogni fronte e ogni crisi umanitaria generata dalla guerra. Era in Ucraina quando sono state scoperte le fosse comuni di Bucha, è stata una delle prime giornaliste a camminare tra i morti lasciati indietro dall’esercito russo in ritirata, era presente nei grandi momenti che hanno cambiato l’evoluzione del conflitto, la controffensiva di settembre 2022, la scoperta delle fosse comuni di Izyum, delle camere di tortura. In Ucraina ha vissuto l’alternarsi di due inverni, ha testimoniato il cambiamento delle stagioni e con esse il mutamento dell’animo dei civili che subivano la guerra e adattavano le loro vite al sacrificio dell’economia di guerra.
NOTE DI REGIA
«Un giorno ad aprile del 2022, Bucha era stata da poco liberata dopo tre settimane di occupazione da parte delle forze russe. Sono stata tra le prime a entrare nella città liberata, i cadaveri erano lungo le strade, non c’era un edificio che non portasse i segni e le ferite dei combattimenti. Il cielo terso, l’aria gelida. Un uomo camminava da solo lungo le rotaie della ferrovia, mi ha visto con la telecamera in mano, io non parlavo la sua lingua, lui non parlava la mia. L’unica lingua comune erano i gesti. Mi ha indicato prima un edificio giallo, poi uno scantinato: sono entrata. C’era il corpo di un giovane ragazzo ucciso da un colpo di arma da fuoco alla tempia. L’uomo ha infilato le mani nelle tasche della giacca e ripreso la strada lungo le rotaie. Per me quell’uomo è il volto del sopravvissuto, colui che sa, ha visto, vuole dimenticare e trova conforto nel silenzio, ma ha sulle spalle la responsabilità e il peso di raccontare», sottolinea Francesca Mannocchi nelle note di regia. «I ricordi che oggi ossessionano e spaventano i sopravvissuti devono diventare la memoria dei testimoni. La testimonianza è oggi, in Ucraina, la resistenza più faticosa. Quella di chi deve accettare di essere sopravvissuto mentre gli altri morivano e accettare che restare vivi rappresenti anche avere il dovere di conservare la memoria nel tempo. Una memoria comune, la loro e la nostra. Per questo, quel giorno a Bucha, mi sono detta che raccontare la guerra significhi soprattutto ascoltare i superstiti, perché è sulla pelle di chi è rimasto vivo, prima ancora che sui corpi che ogni giorno vengono estratti dalle macerie che giace la verità del conflitto. Ascoltare i superstiti è il solo antidoto alla manipolazione della realtà, alla disinformazione, ai tentativi di rappresentare la guerra a beneficio di chi la combatte», prosegue la giornalista. «Ero lì prima che l’invasione iniziasse e questo mi ha consentito di condividere con gli ucraini, la dimensione dell’attesa, mi ha portato a riflettere sul valore della protezione del passato, su quanto sia fondamentale in guerra custodire i ricordi. Lirica Ucraina è un viaggio nelle storie minuscole di chi trattiene la memoria. Ho vissuto la guerra nel suo farsi dal primo giorno, ero lì quando il 24 febbraio il rumore delle bombe ha svegliato tutti noi, ben prima che le sirene diventassero consuetudine. Oggi la mia voce narrante è quella di chi è chiamata alla riflessione, non alla cronaca. Una voce che accompagni lo spettatore all’incontro con le vite “minuscole” che fanno il coro della Storia. È con le parole dei testimoni e dei sopravvissuti che si scriverà la Storia dei crimini di guerra di questa invasione».
LA REGISTA
Francesca Mannocchi, classe 1981, è una giornalista, scrittrice e documentarista, specializzata in migrazioni e conflitti. Collabora da anni con testate nazionali e internazionali e con diversi canali televisivi. Ha realizzato reportage da Iraq, Libia, Libano, Siria, Tunisia, Egitto, Yemen, Afghanistan, Ucraina, Somalia, Kenya, Sud Sudan, Bangladesh. Nel 2015 ha diretto il documentario “If I close my eyes” sui bambini siriani rifugiati in Libano. Nel 2018, una volta liberata Mosul dopo tre anni di occupazione dello Stato Islamico, ha diretto e sceneggiato insieme al fotografo Alessio Romenzi il documentario “Isis, Tomorrow“, coproduzione italo-franco-tedesca, presentato alla 75a Mostra internazionale del Cinema di Venezia e proiettato in numerosi festival internazionali tra cui Doha, New York, Berlino. Ha vinto il Premio Giustolisi con un’inchiesta sul traffico di migranti e sulle carceri libiche, il Premiolino 2016 e ancora Premio Ischia, Premio Flaiano, European Award Investigative and Judicial Journalism. Nel 2019 ha pubblicato il suo primo romanzo, “Io Khaled vendo uomini e sono innocente” (Einaudi), in cui ha provato a immedesimarsi nel secco e sconvolgente racconto in prima persona di un trafficante libico di migranti, ricostruito in forma narrativa a partire dalle testimonianze vere delle vittime di torture, violenze, ricatti e abusi. Sempre del 2019 sono anche il libro “Porti ciascuno la sua colpa. Cronache dalle guerre dei nostri tempi” (Laterza) e la graphic novel “Libia” con le illustrazioni di Gianluca Costantini (Mondadori). Nel 2021 arriva il libreria il memoir “Bianco è il colore del danno” (Einaudi), nel quale guarda il mondo attraverso la lente della malattia per rivelare, con una voce letteraria nuda, luminosa, incandescente, tutto ciò che è inconfessabile. Più recenti i libri per giovani lettori, “Lo sguardo oltre il confine. Dall’Ucraina all’Afghanistan, i conflitti di oggi raccontati ai ragazzi” (2022) e “Sulla mia terra. Storie di israeliani e palestinesi” (2024), entrambi usciti per De Agostini.