Da oggi stop ai bonus edilizi senza l’attestazione Soa

Da oggi stop ai bonus edilizi senza l’attestazione Soa

Da oggi stop ai bonus edilizi senza l’attestazione Soa. Già obbligatoria per gli appalti pubblici di importo superiore ai 150mila euro, diventa ora necessaria anche per poter fruire delle agevolazioni fiscali concesse ai lavori di riqualificazione degli immobili privati se superano l’importo di 516mila euro. Lo ricorda il data-analyst Davide Stasi, dopo la lunga fase transitoria successiva alla «stretta» introdotta con il decreto-legge numero 21 del 21 marzo 2022. Non è più sufficiente, infatti, la sottoscrizione di un contratto con una società organismo di attestazione per il rilascio dell’attestazione (comma 1, articolo 10-bis) in quanto da oggi, primo luglio, occorre esserne anche in possesso (comma 2, articolo 10-bis).

 

L’obiettivo è quello di aumentare il livello di qualificazione delle imprese che effettuano i lavori incentivati, considerato l’ingente ammontare delle risorse pubbliche investite dallo Stato. «Lo strumento scelto per avviare la selezione fra le imprese – spiega Davide Stasi – è stato l’attestato rilasciato da una Soa (acronimo di «società organismo di attestazione») che è un soggetto privato ma vigilato dall’Anac (acronimo di «Autorità nazionale anticorruzione»). Ne erano in possesso soltanto le aziende impegnate in opere pubbliche di importo superiore ai 150mila euro. La maggior parte delle aziende di costruzioni ne è tuttora sprovvista».

 

In Puglia si contano 40.966 imprese attive di costruzioni (ultimo dato disponibile, riferito al 31 maggio scorso), di cui 15.251 con sede legale in provincia di Bari; 4.424 in provincia di Brindisi; 6.430 in provincia di Foggia; 9.897 in provincia di Lecce; 4.964 in provincia di Taranto. Lo studio prende in esame tutte le imprese attive operanti in Puglia (ad eccezione di quelle inattive e di quelle sottoposte a procedure concorsuali) ed iscritte nelle rispettive camere di commercio.

 

«Per il rilascio della qualificazione Soa – aggiunge Stasi – viene dapprima verificata una lunga serie di requisiti, come ad esempio la regolarità contributiva previdenziale, oltre al rispetto delle norme in materia di prevenzione delle infiltrazioni mafiose e interdittiva antimafia, ma si eseguono verifiche anche sulla capacità economica, misurando i lavori effettuati in passato, le attrezzature, il personale dipendente e non solo. Tagliando corto, è sostanzialmente impossibile che un’impresa appena costituita o improvvisata possa ottenere la qualificazione. L’attestazione non è una certificazione di qualità o di sicurezza che, di solito, prevede un percorso alla fine del quale è comunque possibile certificarsi. Per la Soa, invece, se mancano i requisiti, non è possibile conseguirla e a pagarne le conseguenze potrebbero essere i committenti, ovvero i proprietari di casa in quanto perderebbero le detrazioni. Su questo obbligo  – fa notare Stasi – è di recente intervenuta l’Agenzia delle entrate (con la circolare 10/E) che ha chiarito che l’obbligo di attestazione riguarda tutti i bonus casa, non solo il superbonus. Va precisato, però, che il limite di 516mila euro deve essere calcolato “avendo riguardo singolarmente a ciascun contratto di appalto e a ciascun contratto di subappalto” (decreto-legge 11/2023 ovvero decreto Cessioni). In altre parole, se l’importo del singolo affidamento di lavori non supera i 516mila euro, le imprese esecutrici non dovranno essere qualificate».

La circolare 10/E ha inoltre spiegato che “nell’ipotesi in cui detti lavori siano affidati in subappalto, le condizioni per la Soa devono essere rispettate dall’impresa appaltatrice, nel caso in cui il valore dell’opera complessiva superi i 516mila euro, nonché dalle imprese subappaltatrici solo qualora le stesse eseguano lavori di importo superiore a 516mila euro”, ma l’importo dei lavori si deve intendere al netto dell’Iva.

L’elenco degli interventi agevolati, con i relativi investimenti, è destinato a cambiare nei prossimi anni, in seguito alla cosiddetta direttiva «Case green», cioè la direttiva Epbd (Energy performance of buildings directive) che fissa le regole per i piani di efficientamento energetico degli immobili nei Paesi membri, seppur il Governo italiano (Draghi prima e Meloni poi) abbiano previsto la progressiva riduzione delle aliquote di detrazione fiscale, rendendo così meno convenienti i bonus edilizi.