Il gruppo di Chimica analitica di UniSalento lavora nel campo della sintesi dei MIP da diversi anni, percorrendo la strada aperta dal professor Cosimino Malitesta, responsabile del gruppo di ricerca. «I MIP sono studiati da oltre trent’anni», spiega la professoressa Elisabetta Mazzotta, «ma con il nostro lavoro abbiamo sviluppato un nuovo metodo per prepararli e utilizzarli in sensori. I MIP si ottengono facendo crescere un polimero attorno alla molecola target che si vuole riconoscere, che viene poi rimossa con un semplice lavaggio. Questo crea, all’interno del polimero, cavità che sono stampate proprio per quella molecola perché a essa complementari. Questo rende il MIP capace di riconoscere la molecola target anche quando essa si trovi in un mezzo complesso, insieme a tante altre, proprio come fa un anticorpo. Il nostro nuovo metodo si basa sullo stesso processo, ma utilizza un monomero in fase gas e non liquida, come si fa comunemente. Il vantaggio di questo approccio sta nel fatto che il monomero in fase gas è libero di diffondere in spazi molto piccoli (dell’ordine dei nanometri, 10-9 m), rendendo possibile la deposizione del MIP su superfici dalle geometrie più diverse, senza nessuna restrizione. Questo metodo è molto vantaggioso nel campo della sensoristica, poiché dà un’enorme flessibilità nel tipo di sensori in cui il MIP può essere impiegato come recettore. Nel nostro lavoro abbiamo depositato il MIP su una superficie di silicio che ha un elevato numero di nanopori (con diametro di pochi nanometri), sviluppato presso il laboratorio del professor Barillaro, e che, proprio in ragione della sua particolare geometria, si comporta da trasduttore ottico».
Nel lavoro di ricerca pubblicato, la metodica è stata impiegata per lo sviluppo di un sensore ottico per la rivelazione di emoglobina, biomarker di una serie di patologie. «Com’è noto, nel sangue ridotti livelli di questa proteina possono essere correlati a leucemia, linfoma o mieloma, mentre alti livelli possono essere sintomo di policitemia vera e poliglobulia secondaria», spiega Tiziano Di Giulio, postdoc nel team di ricerca di UniSalento e coautore dello studio, «La flessibilità della procedura di preparazione del MIP che abbiamo sviluppato ci permette di traslarla a qualsiasi altro dispositivo e a qualsiasi altra molecola target».
Il gruppo di ricerca è già al lavoro in questa direzione nell’applicazione della tecnologia a dispositivi impiantabili, all’interno dell’attività svolta nell’ambito del progetto Europeo RESORB finanziato dallo European Innovation Council e coordinato dal professor Giuseppe Barillaro. Tra i partner scientifici, appunto, il gruppo di Chimica analitica di UniSalento, coordinato dalla professoressa Elisabetta Mazzotta, che conclude: «L’ulteriore sviluppo di cui ci stiamo occupando all’interno di RESORB porterà a integrare il MIP, mediante la metodica messa a punto, con un dispositivo per la quantificazione di molecole target di interesse clinico direttamente all’interno del corpo, per poi dissolversi senza necessità di rimozione chirurgica. Si tratta di un approccio che ha la potenzialità di rivoluzionare le procedure cliniche/diagnostiche, garantendo un monitoraggio continuo di una molecola specifica nel tessuto di interesse, fornendo quindi informazioni in tempo reale sullo stato di salute del paziente».
Del gruppo di ricerca RESORB di UniSalento fa parte anche Francesca Persano, post-doc, che si occupa della sintesi del rivestimento esterno in cui incapsulare il dispositivo.
Nelle immagini allegate:
• rappresentazione schematica del processo che porta alla formazione di un MIP, un polimero a stampo molecolare (il recettore sintetico sviluppato da UniSalento nel progetto RESORB);
• il gruppo di ricerca RESORB UniSalento; da sinistra destra: Francesca Persano, Anna Rita De Bartolomeo, Elisabetta Mazzotta, Cosimino Malitesta e Tiziano Di Giulio.